lunedì 1 gennaio 2007

giovedì 21 dicembre 2006

Si inizia sempre così

Si inizia sempre così. Guardandola dormire.
Almeno per un papà. Una mamma la vive in modo diverso, e si vede. Quando ti parla di lei, la chiama per nome, la rimprovera e la accarezza, e ancora non è uscita dalla pancia. Per un papà, dicevo, è diverso. Tutto quello che accadeva era che il suo punto vita lievitava come la pasta per le pizze. Lei vomitava al mattino, nel primo trimestre; poi vomitava al pomeriggio, nel secondo trimestre; infine, vomitava alla sera, nel terzo trimestre.
Un papà sta lì e aspetta, che cosa, non lo sa bene.
Non lo sa finchè non vede. Io ho voluto vedere da subito. Sono entrato in sala parto e ho aspettato ogni singolo secondo; ogni contrazione, una ad una, l'ho vista passare sul viso di Teresa, come un'ombra. C'era un orologio sulla parete che pareva fermo dai secoli dei secoli.
Volevo esserci, per capire. E' un momento che abbiamo vissuto tutti, no? Se Freud ha ragione, non lo abbiamo dimenticato, ma soltanto nascosto in qualche cassetto. Quanto è potente un mistero quando fa parte dell'esperienza di tutti, e nessuno è in grado di dire una sola parola su di esso? Forse la mia piccola Chiara, questo nome che da mesi fluttuava sulle labbra di tutti i miei conoscenti senza corrispondere a nessun corpo, forse Chiara, dicevo, me l'avrebbe svelato.
Quando è uscita, era grigia. Grigia e gialla, con il viso schiacciato dallo sforzo di attraversare un canale del diametro di 10 cm. Siamo tutti brutti, quando nasciamo. Non sembriamo nemmeno vivi.
Poi i dottori ti succhiano il liquido dallo stomaco; ti lavano, ti tagliano il cordone ombelicale. La prima cosa che affrontiamo è una seduta dall'estetista. I parenti sono fuori e aspettano: mostriamogli qualcosa che non faccia schifo.
La mamma, complice l'adrenalina, è al settimo cielo. Ride e scherza come se non fosse accaduto niente; come se non fosse stata tagliuzzata, come se non avesse perso tutto quel sangue. Le hanno appoggiato Chiara al seno quando ancora le sue orecchie erano incrostate di liquido amniotico, gli occhi erano gonfi e gli arti molli. Tutto qui, un minuto di contatto fisico e lei non avrebbe pensato più ad altro.
E il papà? Dov'è il papà, in tutto questo?
Dove sono io? Per adesso, non sto nè di qua nè di là. Non sono più un figlio e nemmeno un papà. Teso come una corda di un ponte tibetano, sospeso su un abisso a congiungere due sponde che stavano separate da ere innominabili. Tutto quello che so, è che non sono più quello di prima.
No, non basta.
E' il mondo a non essere più quello di prima. C'è Chiara adesso, protesa verso il futuro.
E la spaventosa consapevolezza che lei dipende totalmente dalle mie azioni.